Gli Antichi Mulini dell’Elicona

Il Mulino Mondo

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Nel celebre romanzo “I cari Luoghi del delitto”, Nicola Terranova revocando i giorni felici d’infanzia trascorsi sulle sponde del fiume Elicona, descrive i quattro grandi mulini che lo costeggiano : uno in calce e pietra al passo di Gambello (alimentato da una presa ad acqua a monte lungo il canalone che correva a serpentino nel declivio) e tre distanziati a valle, in corrispondenza dei principali valichi delle strade campestri.

Interno del Mulino

Interno del Mulino

Oggi i ruderi delle imponenti macchine ad acqua, appartengono alla categoria più antica di mulini presenti in Sicilia, quella “a Palmenti” costituiti da due ruote in pietra molto dura, delle quali solo una è mobile. Terranova racconta che dal “beccuccio di latta sotto la tramoggia il grano fluiva in un sottile rigagnolo nel bocchettone delle mole e veniva restituito in farina bianca e odorosa in un rivolo che via via faceva mucchio nel tinozzo”. Il grano dunque veniva fatto passare prima in un cono, tramite cui raggiungeva il centro del polverizzatore e poi attraverso lo spazio interposto tra le due ruote, per essere rotto, tagliato ed espulso radialmente a fine lavorazione.

Ciò che rimane dei mulini dell’Elicona è ormai il contrasto tra una natura isola 13vegetale rigogliosa, presagio d’inesauribili ricchezze idriche ed enormi complessi ruderizzati principalmente a causa dell’inaccessibilità di quei luoghi. (Es. il mulino di Gambello, poteva esser raggiunto solo percorrendo la mulattiera di carboniere in mezzo ai noccioleti). Rovi, edera e sterpaglie, hanno quasi inghiottito le tracce di una civiltà dedicata alla molitura dei cereali, nonché depositaria di un’antica sapienza idraulica, tramandata dai greci, innovata dagli arabi e perpetuata dai normanni.

mondo 09Definitivamente abbandonati negli anni ’60, la loro realizzazione era connessa oltre alla proprietà dell’area, anche alla disponibilità di fruire del corso d’acqua (questo perché il diritto di “salto d’acqua” era una tassa da corrispondere al Regio Demanio per la fruizione dell’acqua pubblica che animava i mulini), quanto alla capacità economica di poter garantire una regolare funzionalità delle strutture molitorie da assoggettare a riparazioni e interventi frequenti. Per tutto il Medioevo, il diritto dell’acqua disegnò la mondo 17fisionomia di un territorio gestito in un accordo di tacita condivisione tra potere regio ed ecclesiastico, dove nella spartizione entravano donazioni e regalie a nobili feudatari in cambio di servigi, rivendicate poi da eredi o successori fin oltre l’Ottocento. Quest’ultime spesso e volentieri originavano molteplici contenziosi fra i richiedenti di nuove concessioni per “il salto d’acqua” con cui alimentare i mulini in costruzione. 

 

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About Francesca Bisbano

Giornalista pubblicista dal 2013, dal gennaio 2015 collabora con il comune di Montalbano Elicona per migliorarne i canali di pubblica informazione.

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