Don Ciccino, conquista la platea con la voce della cantautrice nasitana, che riscopre la purezza della musica siciliana
“Don Ciccinu sugnu e nascivi u diciannovi i jnnaru du diciannovi. Mio padre e mia madre contadini erano e così contadino pure io sono diventato.” Quella di Don Ciccino, protagonista di “Canto di una vita qualunque” è una storia fra tante.
L’opera, scritta, diretta e interpretata da Oriana Civile giovedì 17 agosto al castello di Montalbano Elicona, è unica nel suo genere. Infatti, attraverso l’alternanza di monologhi e canti della tradizione siciliana, la musica passa in rassegna tutte le gradazioni emotive dell’interccio fiabesco e pone l’attenzione sulla quotidianietà e il vivere concreto.
Chiunque può immedesimarsi nel personaggio principale, che nasce, cresce, s’innamora, si sposa, lavora fino allo stremo e muore alla veneranda età di novacinque anni, circondato dall’affetto dei familiari. Don Ciccino è speciale, perché vive a pieno la sua esistenza e inevitabilmente incontra i cambiamenti del XX secolo. La guerra, gli anni settanta, l’avvento della tv, la rivoluzione sessuale e l’emancipazione femminile, hanno cambiato l’uomo nella necessità di adattarsi ai tempi moderni. In sottofondo emergono poi, il disgregamento delle abitudini sociali, con l’eccessiva invasione della tecnologia e la liquefazione dei sentimenti.
“Canto di una vita qualunque” è un’opera esistenziale, dove la brillante capacità attoriale della Civile si combina con una scrittura sorprendente e una voce toccante. Ogni azione è carica di riflessione, ogni episodio nasconde un significato profondo. Don Ciccino è un uomo, con pregi e difetti legati a un’epoca. Così accanto alla comicità che caratterizza i primi amori del contadino, si accosta la riflessione su una comunità che mantiene una certa sacralità. Esempio ne è la condizione della donna, su cui ora ricade l’onore della famiglia, ora l’obbligo di aggrapparsi a ciò di cui prima non si aveva bisogno.
Al contempo fare musica significa valorizzare la cultura locale. “Spesso”, afferma l’autrice in un’intervista sul web “i siciliani stessi (e non solo loro ovviamente) sconoscono le proprie tradizioni musicali e credono, erroneamente, che la musica di tradizione sia solo da ballare e “satiriddiare” (saltellare), ma non è affatto così. Il popolo siciliano è un popolo che ha sofferto moltissimo, e questa sofferenza è stata trasferita tutta nei canti. Purtroppo la tradizione è stata annientata dall’industrializzazione e dalla modernizzazione, sicchè non è rimasta traccia viva di ciò che c’era fino a 50 anni fa. È quello che succede al mio Don Ciccino: ritrovarsi a morire in un mondo completamente diverso da quello in cui è nato.”
Senza dubbio il lavoro della Civile merita il successo di critica e l’ammirazione del pubblico, che ha riscontrato anche a Montalbano Elicona. L’arena gremita e un pubblico attento, hanno lasciato intuire come lo spettacolo “piaccia”, perché facilmente comprensibile. Con l’augurio che anche questa parte di Sicilia, entri ben presto a far parte di circuiti più ampi, il comune di Montalbano continuerà a giocare un ruolo importante nella promozione della cultura musicale locale.
Ad ottobre infatti, sarà avviato il secondo step del progetto “Tracce di Memoria” di ArchiDrama, che per la realizzazione dei laboratori musicali, vedrà coinvolti artisti del calibro di Angelo Privitera e Franco Battiato.
Francesca Bisbano